Se un ribelle spento

Di cosa parleremo in questo podcast? Parleremo di ribelli, ovviamente. Di tutti i ribelli della canzone di Fronte Unico, L’ultimo respiro fa da testamento.Ascolteremo le loro voci, quando possibile, vi leggerò le loro parole e cercherò di raccontarvi le loro storie e perché sono dei modelli da seguire per tutti quelli che come noi si sentono ribelli. Perché la caratteristica che li lega è che purtroppo sono quasi tutti morti, uccisi sempre dal sistema oppressivo che cercavano di combattere.Dai loro esempi possiamo imparare molto, e possiamo condividere quella santa rabbia che ci permette di smuoverci dalla nostra indifferenza per cercare di cambiare in meglio il mondo che ci circonda.Perché loro non ci sono più, sono spenti. Ma ci hanno passato un testimone, che tocca a noi prendere in mano e portare avanti, prima di passarlo a qualcun altro. Perché il loro ultimo respiro, la loro morte, è come un testamento che designa come eredi tutte quelle e quelli che hanno il coraggio di prenderlo."SE UN RIBELLE SPENTO PASSA IL TESTIMONE, SIAMO PRONTI A PRENDERLO?"

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episode 2: Se un ribelle spento: Silvio Corbari


È il 17 agosto 1944 e siamo a Ca’ Cornio, vicino a Modigliana, un piccolo comune dell’Appennino Tosco Emiliano che adesso è in provincia di Forlì-Cesena. C’è una baracca, e all’interno della baracca ci sono quattro uomini e una donna.

La donna è ferita, si chiama Iris Versari, e il giorno prima l’esplosione di un fucile Sten difettoso le ha colpito una gamba e l’ha costretta al riposo.

Attorno alla baracca ci sono gli uomini scelti del Reparto Mussolini e la Prima Divisione Alpen Jager, circa trecento armati, avvisati dal traditore Franco Rossi che i principali partigiani della banda più ricercata di Faenza sono proprio lì, in quella baracca.

Quando i fascisti e i tedeschi cercano di entrare si scatena una battaglia feroce fatta di spari e bombe a mano, ma stiamo comunque parlando di 5 contro trecento.

L’unica via di scampo è il burrone su cui si affaccia una finestra sul retro, dal quale è possibile raggiungere il bosco alle pendici del monte e cercare di far perdere le proprie tracce. Ma Iris Versari non può scappare con la gamba ferita.

E allora non vuole scappare nemmeno il suo compagno, che si chiama Sirio Corbari, nome di battaglia Silvio, ed è il capo della banda. Quando un fascista riesce a fare irruzione Silvio lo uccide, ma Iris coglie l’attimo per suicidarsi, l’unico modo per convincere Silvio a tentare di salvarsi.

Così Corbari tenta la fuga insieme agli altri due partigiani, Adriano Casadei e Arturo Spazzoli. Dalla finestra si lanciano nel burrone e rotolano per i fianchi della collina, mentre fascisti e tedeschi aprono il fuoco su di loro.

Arturo Spazzoli viene colpito più volte, ha le gambe sfracellate e una ferita al ventre.

Adriano e Silvio arrivano sul fondo, Silvio ha entrambe le caviglie slogate. Adriano cerca di raggiungere gli alberi e coprire la ritirata del compagno, ma Sirio Corbari cade dall’argine del torrente e si frattura il cranio. Dalla ferita si vede la materia cerebrale.

Adriano non ha più voglia di scappare, e decide di rimanere lì con Silvio. Li trovano così gli uomini del Battaglione Mussolini e i tedeschi della Prima Divisione Alpen Jager. Finiscono Arturo Spazzoli con un colpo di pistola, e costringono Corbari e Casadei a seguirli fino a Castrocaro.

È lì che li impiccano. Corbari muore senza aver ripreso conoscenza. Casadei si infila da solo il cappio. I fascisti tirano la corda con eccessiva foga, e si spezza. Dopo qualche minuto la corda è pronta di nuovo, e Adriano Casadei commenta in dialetto emiliano: “Siete marci anche nella corda”.

Il pomeriggio i corpi vengono trasferiti a Forlì e impiccati per la seconda volta in Piazza Saffi, come monito per la cittadinanza. Il giorno dopo vengono impiccati anche i cadaveri di Arturo Spazzoli e Iris Versari.


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 March 7, 2021  29m