Chiudi gli occhi, torna bambino

A Vanity Fair, con le celebrity ci piace (da sempre) fare dei viaggi. Nelle loro storie, passioni, amori, dolori, desideri. Qui, ogni giovedì, gli chiediamo di tornare all’infanzia, ai primi ricordi di una vita. Tra passato e poesia, entreremo così anche in tante piccole scene degli anni '30, '40, '50, '60, '70, '80, '90 recuperandone il senso, giocando a riprenderci il tempo dei giochi.Un programma di Lavinia Farnese.

https://www.spreaker.com/show/chiudi-gli-occhi-torna-bambino

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Piero Angela - L'origine di una passione


L’infanzia è un acquerello fertile in cui spesso nascono le nostre passioni, quelle che in noi metteranno le radici più profonde a sviluppo futuro, quelle che non potremo proprio esimerci dal seguire, dall’annaffiare, dal coltivare, quelle che, come in questo caso, metteranno ogni mattino foglie nuove da nuovi rami e fiori che si faranno frutti e diventeranno un lavoro, il nostro che ci definirà, per sempre.

Lontani, lontanissimi, in quegli anni Trenta in cui in cielo scoprivano l’esistenza di Plutone e in uno scantinato veniva prodotta la prima pellicola in Technicolor, in quegli anni Trenta in cui Hitler diventava cancelliere tedesco, e in America c’è la Grande Depressione, e in un cinema di Atlanta viene presentato in anteprima mondiale Via Col Vento, così lontano ci porta un uomo che almeno una volta tutti abbiamo amato perché è stato capace di spiegarci – con Superquark in televisione, nei suoi libri – storie complessissime – come l’origine dell’universo, le particelle sub-nucleari, l’evoluzione dell’umanità – con uno sguardo così semplice da confondersi con il nostro.

Nato a Torino il 22 dicembre 1928, papà medico psichiatra antifascista che durante la Seconda Guerra Mondiale salvò tanti ebrei dai lager insegnandogli a fingersi malati, anche pazzi, cosa importa, così da poterli nascondere nella sua clinica, e mamma che invece «voleva a tutti i costi che studiasse musica», oggi ha un asteroide intestato a suo nome.

Gioca con noi a Chiudi gli occhi, torna bambino, Piero Angela.

«Sono stato un bambino molto educato, non ribelle, disciplinato: a scuola andavo bene e se rivedo la mia infanzia è stata un’infanzia semplice, normale, non come tanti scrittori che raccontano dei loro tormenti di ieri che li perseguitano poi per tutta la vita. I miei ricordi sono legati al fare i compiti, alle lezioni, all’essere ubbidiente. A quell’epoca eravamo molto solitari, non c’era niente di quello che c’è oggi, neanche la tv, a dar spettacolo era la radio, si giocava poco, non si usciva mai, men che meno la sera, gli amici venivano a casa. Avevo un padre all’antica, poi, quando sono nato aveva già 54 anni, faceva il medico: la sera andava a letto alle 9 per alzarsi alle 6 del mattino ed era un’età, la mia, in cui si aspettava di crescere, e man mano venivano le cose, banali. Ricordo i pochi giocattoli, due l’anno, uno a Natale e uno al compleanno. Ricordo il Meccano sul quale mi divertivo molto. Il cavallo a dondolo, la divisa del corazziere, insieme al cavallo a dondolo. Erano questi gli oggetti del mio tempo. Poi un giorno i miei mi hanno regalato l’Enciclopedia dei ragazzi. Dieci grandi volumi, dentro un mobiletto con le porte scorrevoli, dove c’era il libro dei perché: il più usurato, quello che andavo a leggere di più, lì è nata la curiosità di sapere, di informarmi. E poi con un’insegnante delle Elementari, che portava in classe esperimenti di fisica sull’elettricità, l’elettrolisi, sulla crescita delle piante, tutte cose che mi hanno lasciato un segno. Se chiudo gli occhi e torno bambino vedo questo».

Un programma di Lavinia Farnese


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 July 3, 2019  5m