Il canto ammaliatore delle Sirene di Ulisse e quello della Lorelei, mitologica creatura del Reno, danno il la (maggiore – come canterebbe Max Gazzè) a una polifonia di voci tratte dalle penne di Chekov Tolkien, Heine, Hoffman, Adams e Dickinson. Il canto può essere infido, ipnotico, pericoloso, ma può anche colmare il vuoto, rivelare il Divino e “salvarti sull’orlo del precipizio”. E se quando cantiamo sotto la doccia non ci vengono le parole, pazienza. Secondo Rodolfo De Angelis “per fare una canzone non ci vuol proprio niente”. Il segreto? “Mare blu, occhi blu, du du du, sempre tu”. E non scordiamoci, mi raccomando, “la rima in ‘a’ per quella tal felicità”.